Questo articolo è parte di una campagna a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla
Esistono sensazioni associate a determinati momenti della propria vita così intimamente radicate nei nostri ricordi da farsi tranquillamente beffe del tempo che passa. Così emotivamente intense da essere rievocate, ogni volta, in maniera straordinariamente vivida.
Fra queste, ve n’è una in particolare che riecheggia spesso nei miei pensieri.
Ed è quella provata immediatamente dopo l’annuncio da parte del mio dottore di essere in attesa, per la seconda volta, di un maschietto: delusione.
La volontà di fermarmi a due figli in qualche modo affossava l’idilliaca e forse un po' stereotipata fantasia che mi aveva accompagnata nel corso degli anni: diventare madre di una dolce ed incantevole femminuccia.
Rivivere con lei e grazie a lei emozioni tipicamente “rosa” che ben conoscevo e che mi avrebbero garantito la possibilità di muovermi entro i confini di uno spazio a me conosciuto e familiare.
Ed invece, l’incontrovertibile volere del fato aveva deciso altrimenti.
Madre di due maschietti.
L’incertezza unita alla paura di avventurarmi nei meandri di un mondo a me completamente ignoto sono state, per un bel po', protagoniste indiscusse del caleidoscopio di emozioni tipiche di una madre in divenire.
Ma poi, quando quella madre è effettivamente nata, una piccola, ma in realtà grande consapevolezza è nata insieme ad essa. Quella, ovvero, di essere una donna chiamata a crescere ed educare i suoi figli con un unico, importante scopo: aiutarli a diventare Uomini.
Uomini, proprio così.
Non maschi.
La differenza che intercorre fra queste due terminologie è abissale, enorme, profonda.
E soprattutto, necessaria.
Imparare a rendere concreta e reale tale distinzione nell’impegnativo processo educativo che contraddistingue l’evoluzione intima ed umana di un individuo di sesso maschile… Questo si che potrebbe essere effettivamente di aiuto alla lotta contro il cosiddetto “patriarcato”.
Un termine che è nuovamente rimbalzato agli onori della cronaca nera per gli ennesimi, strazianti casi di femminicidio.
Una croce che costella con micidiale assiduità i titoli dei nostri notiziari e telegiornali.
E che, ogni maledetta singola volta, ci trascina in un vortice di un così aberrante sconvolgimento emotivo tale da invocare, per dipanarlo, solo e puro oblio.
Ma per quanto anestetizzante, l’oblio fine a se stesso non ci condurrebbe ad alcuna, necessaria risoluzione.
E certamente, nell’oblio, non meriterebbero di finirvi tutte le innocenti donne strappate così ferocemente alla vita.
E quindi non è con esso che si può e si deve riuscire ad onorare la vostra memoria… sorelle.
Ma è con l’impegno, costante e paziente, di fare in modo che allo sguardo di una madre non sfugga mai nulla.
Che riesca a non sottovalutare neanche la parvenza di un segnale di allarme.
Che riesca ad influenzare la crescita dei propri figli attraverso parole, esempi ed azioni tali da plasmare la loro stessa essenza e votarla al rispetto generale della vita e si, della donna in particolar modo.
Che sia per quei ragazzi semplicemente inconcepibile poter sfruttare la loro unica superiorità, quella fisica, ai danni dei più deboli ed indifesi.
E che sia per loro altrettanto inconcepibile una visione della donna dettata dalle più becere ed insane convinzioni.
Da madre e da donna, è questa la promessa: partorire Uomini e mai più solo maschi.
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