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Mi riservo il diritto di... - di Simone Sciamè

  • Immagine del redattore: Rudy Pesenti
    Rudy Pesenti
  • 1 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

Il pensiero del mese di aprile, a cura dello scrittore Simone Sciamè

simone sciamè pensiero

Dopo qualche anno ad aver letto i post di intellettuali, autori e autrici paladini di una qualunque ideologia a rappresentare una o l'altra bandiera, sono giunto alla conclusione che ci sono spettatori ostaggi di questo patetico dibattito pseudointellettuale in cui è palese che il vero cruccio della nostra epoca sia un rigido identitarismo.


Siamo infarciti di discorsi semplicistici che cominciano con "gli uomini" - sotto il grande cappello sintetico del "patriarcato" - o "le donne" - "le femministe" - oppure "i comunisti" e "i fascisti". Parliamo di pace, ma continuiamo a parlare l'uno con l'altro con il lessico della guerra. Una continua e stancante diatriba fra tesserati a un gruppo chiuso che impoverisce il dibattito, si riduce all'esibizione di una presunta superiorità morale (a sinistra perché buoni, a destra perché sinceri) e a una volontà di potenza sull'altro, a discapito non solo di una possibile conciliazione, ma anche della difesa dell'identità e della libertà altrui. Non di chi partecipa al dibattito, ma di chi assiste sgomento a questo macabro massacro a colpi di idiozie.



Stiamo vivendo un'epoca in cui ci si confina dentro l'etichetta del gruppo di appartenenza. Credo che tutti abbiamo vissuto un istante di confusione e timore all'idea di dover esprimere disappunto al nostro amico o alla nostra amica tribale, perché significherebbe creare una stortura nell'allineamento ideologico. Chi sono adesso che non mi identifico più nelle parole di Scurati e Vecchioni e Galimberti e Serra, che rappresentavano - almeno per alcuni - un punto di riferimento intellettuale nel panorama italiano? Perché quello che fino a ieri scriveva romanzi su Mussolini oggi mi parla con nostalgia di spirito guerriero? Perché un intellettuale ritenuto di sinistra mi dice che "noi" europei abbiamo Spinoza, Socrate, ecc, mentre "loro" non sono culturalmente all'altezza?

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Come siamo arrivati a questo tribalismo?

Volendo appartenere a tutti i costi a un gruppo (sui social, in questa bolla, là fuori) abbiamo delegato agli altri non solo la visione del mondo, ma anche le nostre scelte. In questo modo ci siamo giustificati, ci siamo de-responsabilizzati, abbiamo portato avanti quel meccanismo puerile e vittimistico: non sono stato io, sono stati loro. Ci siamo identificati troppo con i colori delle nostre bandiere. Per le bandiere, ci siamo dimenticati chi siamo. Stiamo attraversando un momento di profondo timore in cui cerchiamo risposte facili e veloci, è comprensibile la confusione, ma devo costantemente ricordarmi che non posso correre il rischio di semplificare la realtà in compartimenti stagni solo perché non accetto l'ignoto.


Credo che la comunità possa avere un grande valore, ma a patto che non sacrifichi e sopprima l'individuo e la sua libera espressione. L'individuo non deve perdere di vista la comunità e né deve accadere il contrario. Individualismo non significa coltivare la cultura dell'ego e del narcisismo, non significa nemmeno calpestare i diritti altrui. Al contrario, proprio perché io desiderio poter esprimere me stesso ed esercitare i miei diritti, è nel mio interesse difendere la tua volontà di esercitare i tuoi. In questo periodo storico stiamo giustamente lottando per la valorizzazione e la difesa delle diversità, ma al tempo stesso stiamo attuando un paradosso cercando di uniformarla, testimoni tutti gli scontri ideologici tra associazioni e partiti dello stesso schieramento.


Vorrei riservarmi il diritto di assistere a un discorso di cinque minuti di TizioCaio ed essere d'accordo con lui al minuto 2 e in disaccordo al minuto 3. Mi riservo il diritto di mettere in discussione le idee e non la persona.


Proprio ora che si stanno mescolando le carte e che stanno cadendo le maschere, forse può essere l'occasione buona per abbandonare certi rappresentanti di lista con il megafono, siano essi politicanti, attivisti o intellettuali, e ripartire dall'individuo ricordando una cosa fondamentale: ho il diritto di avere un'opinione e di non averla. Ho il diritto di esprimerla o di tacere.


Simone Sciamè

 
 

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Scrittore, viaggiatore, sognatore. 

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